21-04-2017 | di COOPI
Bacino Lago Ciad: una crisi dimenticata
Il 23 febbraio scorso, Massimo Salvadori ha partecipato alla conferenza mondiale di Oslo sulla più grave crisi africana del secolo, quella che colpisce i 4 Paesi che si affacciano sul bacino del Lago Ciad (Ciad, Niger, Nigeria, Camerun), in qualità di responsabile dei programmi di COOPI per l'area.
Ciao Massimo, ci spieghi il perché di questa conferenza?
La crisi del bacino del lago Ciad è la più grande crisi africana, ma è anche la più grande crisi dimenticata. La Norvegia e la Germania si sono impegnate a dare una risposta alla crisi attraverso un grosso aiuto finanziario e l'Italia, attraverso le parole del Vice ministro degli Esteri, si è impegnata con un Piano Straordinario di aiuti di 3 anni per l'emergenza. La maggior parte delle ONG internazionali che rispondono alla crisi del Lago Ciad ha partecipato all'incontro e noi di COOPI eravamo l'unica ONG italiana presente all'evento.
Com'è nata questa grave emergenza?
La crisi del Lago Ciad ha radici profonde. Un insieme di fattori rendono, infatti, il contesto particolarmente precario: il cambiamento climatico che ha portato ad una forte siccità e a conseguenze negative sull'agricoltura; il forte aumento demografico (il Niger ed il Ciad hanno il tasso di fertilità più alto al mondo); la corruzione dilagante; la caduta del costo del petrolio al barile che ha fatto aumentare l'inflazione e il costo dei beni di prima necessità.
A tutto ciò si aggiunge la presenza di Boko Haram, il gruppo terroristico fondato nel 2002, ma che dal 2009-2010 ha intensificato gli attacchi nel nord est della Nigeria per poi espandersi nei Paesi limitrofi (Ciad, Niger e Camerun) con l'obiettivo di destabilizzare la zona. La presenza di Boko Haram ha causato la chiusura delle frontiere dei 4 Paesi e dunque ha provocato da una parte un impatto negativo sul commercio dei beni e dall'altra una pesante campagna militare che ha inflitto una terribile sofferenza nella popolazione.
Quante le persone coinvolte?
17 milioni di persone sono colpite dal conflitto e oltre 2,6 milioni, di cui 1,5 sono bambini, hanno lasciato le loro case per cercare protezione e sicurezza. La cosa preoccupante è che la maggior parte delle zone colpite da Boko Haram non è accessibile; quindi la maggior di queste persone non sono raggiungibili dagli aiuti umanitari.
Quali sono le necessità con cui ci confrontiamo ogni giorno?
In una situazione di emergenza di questo livello, tutti i settori sono colpiti. Per questo la nostra conoscenza del contesto e la nostra esperienza su più fronti rappresenta il valore aggiunto di COOPI. I programmi di sicurezza alimentare e gli interventi di contrasto alla malnutrizione acuta sono considerati prioritari, ma siamo consapevoli che oltre a dare una risposta immediata alle necessità primarie fornendo cibo e acqua, è necessario porre le basi per il futuro, per questo l'educazione e la protezione dell'infanzia rappresentano i settori dai quali ripartire.
Quali sono le sfide che ci attendono nel prossimo futuro?
Sono oltre 3 milioni i bambini che non vanno a scuola nella regione. Per creare una generazione consapevole e che diventi il motore dei 4 Paesi, bisogna sicuramente investire sull'educazione. La crisi ha dimensioni vaste ma non si può pensare ad un approccio di sola emergenza, bisogna pensare (almeno nelle zone accessibili) ad interventi di sviluppo di lungo termine per trovare risposte durature e creare condizioni di stabilità.
Durante le tue missioni cosa ti ha colpito di più?
Durante l'ultima missione di 2 mesi fa ho incontrato Samirah una bambina di 8 anni. Mi ha raccontato che una notte sono arrivati gli uomini di Boko Haram che hanno attaccato il villaggio in cui viveva con i suoi genitori e i suoi 4 fratelli e sorelle. Sua mamma è stata uccisa davanti a lei e mentre scappava ha perso anche il padre. Hanno camminato 3 giorni e 3 notti percorrendo diversi chilometri senza cibo. Ovviamente non avevano acqua potabile e hanno bevuto l'acqua degli stagni e dei fiumi che hanno incrociato durante il loro cammino. Era terrorizzata dalla solitudine e dai corpi privi di vita che ha visto. Ha solo il nonno che si sta occupando di lei e dei suoi fratelli. I nostri operatori mi hanno raccontato che quando è arrivata al nostro centro era depressa, non parlava. Oltre al supporto nutrizionale ed educativo stiamo fornendo consulenza psicologica, adesso sta ritornando a sorridere, ma certe ferite lasciano per sempre le loro cicatrici.
#Nonsenzadite
Per informare e sensibilizzare l'opinione pubblica sulla gravità della crisi che sta colpendo l'Africa Centro-Orientale, COOPI con AGIRE ? il network di 9 ong italiane unite contro l'emergenza ? ha lanciato la campagna ?Non senza di Te?.