04-02-2016 | di COOPI
È sparita la finanza dalla Carta di Milano
Tra gli «impegni» richiesti nel documento di Expo 2015 sono scomparsi la lotta al land grabbing e alla speculazione finanziaria sulle materie agricole. A farlo notare sono due iniziative della società civile sostenute da diverse sigle del Terzo Settore, tra cui COOPI: Sulla fame non si specula e Campagna 005.
È difficile trovare qualcosa su cui non si è d'accordo nella Carta di Milano - il documento con gli impegni che dovrebbero costituire l'eredità di Expo 2015 sulla lotta alla fame, presentato a Milano alla vigilia dell'inizio dell'esposizione universale. Sono tutte affermazioni di buon senso, che chiunque sottoscriverebbe.
A leggerla bene - però - c'è un aspetto che in questa Carta di Milano ci lascia profondamente perplessi. Nel testo è sparito ogni riferimento al tema della finanza, che pure c'era nel Protocollo di Milano sull'alimentazione e la nutrizione, l'iniziativa promossa dal Barilla Center for Food and Nutrition con la collaborazione di tante personalità e sigle della società civile, al quale la Carta di Milano si è ispirata e che cita espressamente fra le sue fonti.
Quasi che l'uso del denaro non abbia nulla a che fare con l'alimentazione. E più in generale è tutto il tema della crisi globale che stiamo attraversando ormai dal 2008 - che ha pesato sui prezzi alimentari e quindi sull'accesso al cibo e la fame - a rimanere fuori dal documento, come se non c'entrasse nulla con la sfida «Nutrire il pianeta energia per la vita».
Il tema del rapporto tra cibo e finanza, al contrario, è un grande nodo del mondo di oggi: la corsa ad acquistare terreni agricoli nel Sud del mondo (ad esempio in quell'Etiopia da cui partono molti dei migranti che troviamo sui barconi) e la volatilità dei prezzi nei mercati delle materie prime agricole, sono fattori che generano fame. E hanno a che fare con un certo modo di fare finanza, molto più vicino al nostro portafoglio di quanto crediamo.
È quanto attraverso la campagna "Sulla fame non si specula" diciamo da tempo. Ma è anche quanto stava scritto nel Protocollo di Milano, varato non più tardi del 3 aprile: «Le parti si impegnano a identificare e proporre leggi per disciplinare la speculazione finanziaria internazionale sulle materie prime e la speculazione sulla terra, oltre che a proteggere le comunità vulnerabili dall'accaparramento della terra ("land grabbing") da parte di entità pubbliche e private, rafforzando al contempo il diritto all'accesso alla terra delle comunità locali e delle popolazioni autoctone».
Perché un impegno preciso di questo tipo non compare più tra quanto la Carta di Milano richiede «con forza a governi, istituzioni e organizzazioni internazionali»? Si parla solo genericamente di «rafforzare le leggi in favore della tutela del suolo agricolo, per regolamentare gli investimenti sulle risorse naturali, tutelando le popolazioni locali». Non è la stessa cosa.
In tutta la sezione «impegni» - a parte una rapidissima evocazione della questione dell'accesso al credito - non compare nulla che abbia a che fare con la parola «finanza». Quasi che questo mondo fosse un'entità a sé stante, le cui scelte non hanno ricadute concrete pure sull'agricoltura e sul mercato dei prodotti alimentari.
Secondo noi questo tema è decisivo per il nostro futuro, come la crisi finanziaria globale dovrebbe averci insegnato. Ed è il motivo per cui, anche durante questo Expo 2015, andremo avanti a ripeterlo con forza.