26-01-2016 | di COOPI
La crisi siriana attraverso i nostri occhi
Francesco Lanino, capo missione in Libano, ci racconta il sostegno offerto a profughi e bambini in fuga dalla guerra.
La crisi siriana ha migliaia, milioni di volti. Vengono spesso raccontati quelli della guerra, dei bombardamenti, delle rivolte e delle differenti strategie militari o terroristiche. Oltre le lenti delle storie da prima pagina ci sono però altri milioni di protagonisti involontari, che COOPI e altre ONG o organizzazioni internazionali (Unicef, Commissione europea, UNHCR, ECHO, OCHA) sostengono ogni giorno.
Per comprendere le dimensioni della crisi, basta un dato: oltre 4 milioni di rifugiati e circa 7 milioni di sfollati interni che scappano da una guerra che ha già fatto circa 250 mila morti dall'inizio del conflitto. Una vera e propria marea umana costretta a fuggire in qualsiasi direzione prometta un minimo di sicurezza e pace. Dal 2013, COOPI cerca di creare queste condizioni, nei limiti del possibile, lavorando nel nord del Libano, un Paese di 4 milioni di abitanti che accoglie oltre 1 milione profughi, dove incombe anche la minaccia di un conflitto latente (il 12 novembre due kamikaze hanno ucciso 41 persone a Beirut). Il picco di questa grande fuga dalla violenza, e poco importa che sia stata causata dall'Isis, dalle milizie ribelli o dal regime di Assad, è stato raggiunto nel luglio del 2015, con oltre 1 milione e 200 mila persone che hanno cercato rifugio in Libano.
"Adesso"- racconta il capo missione COOPI, Francesco Lanino- "il numero sta decrescendo perché si sopravvive male e le nuove vie di fuga sono verso la Turchia e quindi l'Europa". Ma quando gli si chiede cosa accadrà domani, come sembra evolversi la situazione, se si può guardare con un po' di ottimismo al futuro di questa gente, ci risponde un po' scuro in volto: "Nessuno sa come andranno le cose, nessuno azzarda nemmeno previsioni. Quello che è certo è che tutti gli attori principali, dal governo libanese alle grandi organizzazioni ONU hanno piani a lungo termine, come a voler dire che questa crisi ha ancora molti volti da catturare".
Anche per COOPI (che ha sul campo 4 operatori espatriati e 30 locali) tutti i progetti in atto ed altri sono in attesa di essere riconfermati per il 2016. In questo territorio complesso, i fronti umanitari sono molteplici e COOPI si muove su diversi livelli, con tre progetti specifici. Il primo, realizzato in collaborazione con il governo locale, è finalizzato a garantire la disponibilità di acqua nelle aree più vulnerabili del Paese, quelle del confine a nord, dove si sono stabiliti migliaia di profughi siriani. Qui l'obiettivo è quello di assicurare, tramite la creazione di un sistema idrico, a circa 105 mila persone tra siriani e libanesi, la possibilità di poter attendere tempi migliori in condizioni igienico-sanitarie adeguate.
Inoltre non si può ignorare la conseguenza più triste di una guerra che dura da anni: gli oltre 200 mila bambini che non possono andare a scuola o ricevere alcun tipo di istruzione, quei piccoli siriani che Rober Fisk ha definito "The lost generation". Una generazione perduta, a cui viene tolta la possibilità di costruirsi un futuro. Francesco Lanino ci ha raccontato il progetto di COOPI contro questa deriva: "La sfida principale è riuscire ad integrare i bambini siriani nel sistema scolastico libanese, che richiede un livello base di francese, matematica e arabo scritto per l'ammissione". "COOPI ha anche iniziato la riabilitazione di 5 scuole ", prosegue Lanino, "per facilitare l'istruzione scolastica e offre un supporto economico e mezzi di trasporto per oltre 2.000 bambini siriani". Oltre a questo, il progetto prevede anche corsi di sostegno per aiutare i più giovani a superare il test d'ammissione scolastica. La possibilità di frequentare un scuola è l'unica strada per permettere a migliaia di bambini di costruirsi un futuro anche in un contesto drammatico come quello siriano di questi anni.
Sulla stessa scia è il supporto di Conditional Cash Assistance che COOPI fornisce a circa 1.000 persone attraverso un programma di Cash for Work, ovvero l'opportunità per i profughi di guadagnare dei soldi attraverso lavori all'interno di microprogetti che necessitano di manodopera (realizzazione di marciapiedi, giardini, scale, ecc.). Progetti che aggrediscono la guerra non solo fronteggiando l'emergenza ma ricostruendo un futuro "normale".
(Foto di Francesco Lanino.)