Nel cuore della crisi sudanese: le sfide umanitarie e le risposte internazionali
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08-04-2025 | di COOPI

Nel cuore della crisi sudanese: le sfide umanitarie e le risposte internazionali

Insicurezza alimentare dilagante, milioni di sfollati e ostacoli all’accesso umanitario: a quasi due anni dallo scoppio della guerra civile in Sudan, la crisi umanitaria ha raggiunto livelli allarmanti. 12,7 milioni di persone sono state costrette a lasciare le proprie case dall’inizio del conflitto nell’aprile 2023, 30,4 milioni di persone necessitano di assistenza, mentre 24,6 milioni affrontano livelli critici di insicurezza alimentare. Molti sfollati sono tagliati fuori dai servizi essenziali, tra cui assistenza sanitaria, istruzione, acqua e nutrizione, mentre il cibo, quando disponibile, è sempre più inaccessibile a causa dei prezzi elevati.

A raccontarlo è Damiano Lotteria, già Responsabile regionale per l'Africa Orientale e attuale Program Advisor di COOPI in Sudan, di ritorno dalla missione di un mese a Port Sudan, principale hub humanitario del Paese, nonché sede provvisoria del governo e delle istituzioni transitorie.

 

In questa intervista, approfondisce le principali sfide operative in un contesto dove la crisi si intensifica di giorno in giorno e rilancia l’appello di COOPI affinché la comunità internazionale dedichi maggiore attenzione e impegno alla crisi sudanese.

Quali sono le principali problematiche che le comunità sudanesi stanno affrontando al momento?

 Le problematiche sono enormi, considerata la dimensione dei bisogni e la complessità della crisi politica. È stato dichiarato il livello più grave di insicurezza alimentare per metà della popolazione complessiva del paese: purtroppo, una catastrofe annunciata su cui non è stato possibile fare tutto quello che era necessario fare, a causa dell’intensità del conflitto e dell’impossibilità di avere accesso alle aree del paese occupate da alcuni gruppi armati.

Quali sono le principali sfide che COOPI affronta nella realizzazione dei progetti in Sudan?

Le sfide principali sono legate alla sicurezza dello staff e delle operazioni ma anche delle comunità beneficiarie: è un processo di aggiornamento continuo e uno sforzo che richiede massima professionalità e coordinamento a tutti i livelli. 

Cosa pensi si possa fare per rispondere a questa drammatica emergenza?

Si deve fare di più di quanto è stato fatto finora, dal momento che solo l’8% dei fondi richiesti sono stati elargiti dalla comunità internazionale. È fondamentale continuare a parlare della situazione in Sudan, dare visibilità a questo paese che oggi vive la più grave crisi umanitaria al mondo, ma che non ha abbastanza spazio nei media. È importante sensibilizzare la società civile, i governi e le istituzioni internazionali, affinché forniscano anche un supporto diplomatico per spingere le parti in conflitto a negoziare una tregua e aumentare lo spazio umanitario. Ma soprattutto, è essenziale incrementare le risorse necessarie per garantire assistenza immediata alle popolazioni colpite, con particolare attenzione alla protezione dei più vulnerabili – donne, bambini, persone malate – e assicurare l'accesso a cibo, acqua e servizi sanitari adeguati, sia per le comunità sfollate e di accoglienza in Sudan sia per i rifugiati sudanesi nei paesi confinanti, che vivono in condizioni di estrema vulnerabilità.

Guardando al futuro, quali sono le priorità per COOPI in Sudan nei prossimi anni?

Le priorità di intervento sul lungo termine rimangono le stesse, ovvero rafforzare la resilienza delle comunità locali, dei nostri partners di intervento e delle istituzioni locali [N.d.R.: La resilienza è intesa come la capacità di adattarsi positivamente ai cambiamenti e di mitigare gli effetti di shock esterni, come i conflitti, i disastri naturali, ecc. Questo implica fornire i mezzi di produzione, le competenze tecniche e le risorse necessarie, ma anche valorizzare le conoscenze locali, rispettando i valori e le direzioni di sviluppo che le comunità stesse desiderano intraprendere]. Nel breve termine, la principale sfida è fornire assistenza umanitaria per salvare le vite delle persone a rischio. A medio termine, le priorità saranno supportare il ritorno delle comunità sfollate – milioni di persone – e ricostruire il paese, in particolare le infrastrutture distrutte come ospedali, scuole e abitazioni. Un altro obiettivo importante sarà promuovere la coesione sociale tra le comunità, in un paese segnato da gravi violazioni dei diritti umani, sia su base etnica che di genere.

Cosa pensi sia necessario fare a livello internazionale e locale per continuare a supportare il popolo sudanese nei prossimi anni?

Occorre accompagnare il paese nella strada della pace e delle riforme politiche, giudiziarie, economiche, verso un sistema che garantisca uguali diritti umani, sociali, economici a tutti e la coesistenza pacifica tra etnie e comunità diverse.

Nonostante il dramma della guerra, afferma Lotteria, il Sudan ha dimostrato una straordinaria capacità di mobilitazione dal basso. Già nel 2019, la popolazione aveva guidato una rivoluzione pacifica che portò alla caduta del regime militare, e oggi la società civile continua a svolgere un ruolo chiave nell’assistenza umanitaria. Attraverso iniziative locali come le emergency rooms e le community kitchens, migliaia di volontari hanno fornito aiuti alimentari alle persone più vulnerabili, spesso mettendo a rischio la propria sicurezza.

COOPI è presente in Sudan dal 2004, dove ha realizzato oltre 120 progetti per sostenere le comunità più vulnerabili colpite da conflitti e disastri, concentrandosi su acqua e igiene, protezione, assistenza umanitaria, sicurezza alimentare e mezzi di sussistenza e riduzione del rischio di disastri. In risposta alle emergenze, COOPI distribuisce beni di prima necessità, allestisce rifugi temporanei e lavora a stretto contatto con autorità locali, organizzazioni internazionali e volontari per garantire un’azione coordinata ed efficace sul territorio.